L’UTILIZZO DEL MULO NELLA STORIA
Il mulo, questo equino nato dall’unione dell’asino con la cavalla, simbolo di ostinazione e testardaggine, ha dell’asino i caratteri della testa, e del cavallo la forma del corpo e la statura. Si accontenta di magro foraggio ed è adatto a camminare su terreno accidentato. Utilissimo come animale da traino, da sella, ma specialmente da soma, il mulo è prezioso in montagna.
Generalmente l’accoppiamento fra muli non dà discendenti, ed i pochi che si ottengono sono sterili.
GLI UTILIZZI DEL MULO
Il mulo è uno degli animali da lavoro più utilizzato dall’uomo nel corso dei secoli. Questo particolare ibrido, nato dall’accoppiamento di uno stallone asinino con una cavalla, era già diffuso nell’antichissima Illiria. Nel corso del secoli, il mulo ha trovato grande impiego in ogni tipo di lavoro pesante, come animale da soma e da traino. Lungo i sentieri di montagna o tra i le mulattiere, il mulo è stato sempre apprezzato per la sua robustezza, la resistenza alle malattie, l’adattabilità ai terreni più impervi, la rusticità e la proverbiale caparbietà (è d’uso comune dire “testardo come un mulo”). È inoltre un animale che necessita di poche cure, dotato di una grande forza digestiva, scontroso ed indipendente, a volte aggressivo, ma sempre affidabile, pronto ad portare a termine i lavori più pesanti.
A seconda della loro taglia e conformazione, i muli sono in grado di fare tutto ciò che farebbe un asino o un cavallo. E di farlo meglio. I muli possono essere cavalcati. Sono adatti alle fattorie e alle piccole aziende in quanto animali adatti al carico e al tiro. Il luogo comune secondo il quale il mulo sarebbe testardo non è vero.
L’istinto di conservazione del mulo fa sì che non si metta in situazioni di pericolo e che non si lasci soppraffare facilmente, comportamenti che sono stati scambiati per testardaggine. I muli sono intelligenti e imparano velocemente, tuttavia sono cauti e il loro notevole senso di auto-conservazione fa sì che preferiscano ponderare ogni azione per evitare di mettersi in pericolo.
IL MULO E IL SUO RAPPORTO CON L’UOMO
Grazie alla sua grande forza e resistenza, i muli sono stati usati dall’uomo per secoli, sia per trasportare merci o oggetti che per arare i campi, per attingere acqua dai pozzi, ecc..
Fin dall’antichità si dice che siano testardi. Non è affatto un difetto ma, al contrario, è anche legato al fatto che riescono a superare e resistere a certe malattie tipiche dei cavalli. Quindi, se vi dicono che siete “testardi come un mulo”, invece di arrabbiarvi, prendetelo come un grande complimento.
Gli agricoltori li usavano su terreni sabbiosi e argillosisfruttando i loro durissimi zoccoli.Ebbero un grande sviluppo fino alla seconda metà del XX secolo. Poi, con lo sviluppo dei veicoli a motore, persero il loro ruolo cruciale nelle attività agricole. In Italia furono spesso usati anche nei conflitti bellici. Durante la II Guerra Mondiale ben 500.000 muli furono usati dai nostri Alpini.
Non vanno troppo d’accordo con i cani, se sono troppo rumorosi o attivi e possono provare a difendere i loro cavalieri contro di loro. Ci sono stati anche casi di protezione contro leoni e altri animali feroci. Insomma, tra le tante curiosità sul mulo va sottolineato che sono animali ostinati ma molto coraggiosi. Possono scalciare in qualsiasi direzione con le loro quattro zampe e, con la loro forza, spostano facilmente diverse persone.
Già nell’antichità il mulo era prodotto nell’Illiria e il bardotto in Mesopotamia. Fino a pochi decenni fa il mulo era molto diffuso sia nel Bacino del Mediterraneo che in Africa, Asia e nelle Americhe.
Le ragioni della sua diffusione sono la robusta costituzione, la rusticità, la resistenza alle malattie, l’adattabilità alle zone meno favorevoli e meno agevoli, la sobrietà. Il mulo, analogamente al bardotto, assomma, in misura diversa e con una certa variabilità anche individuale, le caratteristiche, morfologiche e funzionali delle specie progenitrici. A determinare la loro utilità economica contribuisce il fenomeno genetico dell’eterosi. Le differenze fra muli (da muli di grande mole a muli leggeri da basto) sono dovute alle razze scelte per l’incrocio. Il mulo è ritenuto un animale parco, dal passo sicuro e adatto alla someggiatura nei terreni impervi.
IL RUOLO INSOSTITUIBILE DEL MULO
Oggi il mulo lo possiamo considerare il fuoristrada dei quadrupedi e le sue prestazioni, malgrado la meccanizzazione, a volte non possono essere sostituite in alcun modo; ne consegue il ruolo insostituibile del mulo per lavori di disboscamento in zone impervie di montagna. Il numero dei muli si è ridotto per l’incalzare della meccanizzazione anche in montagna, ma la sua presenza per determinati lavori in certe zone è assolutamente indispensabile; è pertanto l’inseparabile compagno del vero boscaiolo.
Il mulo è meno ricettivo del cavallo alle malattie e alle coliche; minori sono anche le esigenze di governo, di cure igieniche e di custodia. Se il mulo è proverbiale per la caparbietà e spesso per la cattiveria, in compenso compie il lavoro con grande energia e molta resistenza, anche sulle strade montane più impervie, con passo sicuro e costante andatura.
Il mulo è impiegato per il traino e per la soma. Per il traino, in sostituzione del cavallo da tiro pesante rapido, si richiedono muli di taglia notevole, da m 1,58 a 1,65 e più, quali si possono ottenere ibridando asini stalloni del Poitou e di Marina Franca con fattrici di razze pesanti del tipo Bretone, Percheron, Ardennese. Il mulo da soma, largamente impiegato in passato nelle zone montane del Meridione e delle Isole, ha per lo più dimensioni minori, con una taglia di m 1,30-1,40 e un peso vivo di kg 300-400. Il mulo può avere anche impiego agricolo: il tipo adatto a questa destinazione è in genere di media statura, cioè di 1,45-1,55 m, con un peso vivo di 400-500 kg. In seguito alla meccanizzazione di molti lavori, il mulo ha perso oggi il sua antico impiego; in alcuni luoghi d’Italia, l’animale è usato nell’ippoterapia.
IL MULO UN MEZZO INDISPENSABILE PER GLI ALPINI
Per gli Alpini il mulo è stato un mezzo indispensabile. Viveri, armi, munizioni, foraggi, materiale vario. Ma anche i feriti e morti caricati sui basti (che nell’Artiglieria da Montagna pesavano sino a 75 chilogrammi). Traino di slitte su pista ghiacciata, tra bufere di neve e temperature scese sino a 46°sotto zero. Ore ed ore, giorno dopo giorno, con rare soste. Dai sentieri impervi, con difficoltà di mantenersi in equilibrio, su pietrisco instabile, nei tratti sovrastanti precipizi, ai pianori invischiati nel fango oltre ai garretti, ai guadi dei fiumi in piena, alle piste ghiacciate o sprofondati nella neve. Come gli Alpini, affamati, sfiniti dagli stenti.
E quando finivano sfracellati nei burroni o cadevano per una sventagliata di mitragliatrice o squarciati da qualche granata, la loro carcassa poteva offrire un pasto agli Alpini dopo molti giorni di digiuno e di sofferenze inaudite.
Il mulo è capace di instaurare un’affettuosa amicizia con l’alpino che lo ha in consegna, riconoscendo la sua voce, diventando docile soprattutto con lui, il suo conducente.
L’UTILIZZO DEI MULI NELL’ESERCITO
Adottato come animale da traino e da trasporto dalle truppe del treno dell’esercito dall’inizio del XXI sec. il mulo è stato impiegato anche in maniera crescente come animale da sella e da soma (animali domestici) per il tempo libero
I muli nell’esercito venivano suddivisi in classi differenziate a seconda delle caratteristiche dei soggetti: altezza al garrese, forza fisica, resistenza;
- I muli di prima classe erano i più grandi e robusti e venivano utilizzati dall’artiglieria per il trasporto di armi e munizioni, in particolare per il trasporto del mortaio da 120, che si compone di 3 pezzi: piastra, affusto e bocca da fuoco. Questo mortaio necessitava di almeno tre alpini per essere trasportato “manualmente”.
- Quelli di seconda e terza classe erano, invece, più piccoli e meno resistenti e venivano usati dalla fanteria alpina per il trasporto di tende, munizioni e approvvigionamenti; in casi estremi, il mulo diventava esso stesso una fonte di cibo.
- Al fianco degli Alpini, il mulo ha attraversato quasi un secolo della storia italiana, dalla Prima Guerra Mondiale, insieme ai soldati italiani nelle impervie vie di montagna, trasportando con instancabile tenacia mitragliatrici e pesanti obici, sino al 1993, anno in cui il quadrupede è scomparso dall’esercito italiano.
Con la riforma del Corpo degli alpini, gli ultimi muli sono stati venduti all’asta nel 1993. Ormai è scarso il suo utilizzo in montagna per esigenze agricole e silvestri. Attualmente alcuni esemplari sono usati in ippoterapia e, a tale scopo, si cerca di rivalutare i muli con progetti ad hoc.
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