LE TEORIE SULLE ORIGINI DEI BOVINI PODOLICI
Le teorie prevalenti sulle origini dei bovini podolicisi possono raggruppare in tre filoni:
- Quello tradizionale, di origine ottocentesca, che prevede un arrivo al seguito delle orde barbariche, tra il quarto e il sesto secolo dopo Cristo.
- Quello che invece ritiene che i bovini podolici fossero già presenti nel Mediterraneo in epoche molto più antiche.
- Quello che ritiene che i bovini podolici siano il risultato della domesticazione dei bovini selvatici, avvenuta direttamente in Italia.
1) LA TEORIA “BARBARICA”
La teoria “barbarica” è quella tradizionale sull’origine delle razze podoliche. Pare che le razze podoliche provengano dalle steppe dell’Asia centrale, e che siano arrivate in Europa al seguito delle popolazioni barbariche che invasero dapprima l’Europa centro-orientale e poi si estesero all’Europa occidentale, compresa l’Italia. Il nome del ceppo podolico deriva dalla Podolia, nell’attuale Ucraina.
Non tutti gli autori sono d’accordo su quale popolo avesse introdotto il bestiame podolico: molti autori italiani indicano gli Unni di Attila, che invasero l’Italia nel 450 d.C., secondo Rütimeyer, citato da Falaschini et al. (1965), sarebbero invece bovini pervenuti in Italia nel VI sec al seguito dei Longobardi di Agilulfo (590-615) secondo Corblin e Gouin (1894) sarebbe stato introdotto dagli Ariani, durante migrazioni in più riprese dall’Asia.
Il Maymone non credeva all’ipotesi “unna” perché questi avevano fatto solo una fugace apparizione in Italia, e inoltre in bassorilievi romani identificava bovini simili ai maremmani. (Parisi pag 519, cerca biblio).
Il Keller nel 1858 definiva il bue ungherese come il capostipite delle altre razze.
Il Mascheroni (1929), riprendendo la classificazione del Sanson, definisce una “Specie Asiatica (Bos taurus asiaticus), appartenente alle “Specie brachicefale” e comprendente le varietà Russe, Ungherese, Rumene, Italiane e Camarga. La zona di diffusione di questa “specie” sarebbe stata tutta l’Asia, le steppe della Russia, le regioni Danubiane e l’Italia, e l’origine della specie sarebbe “L’estremo Oriente”.
Secondo Bonadonna (1968) il primo luogo di insediamento del bestiame podolico introdotto in Italia sarebbe stata la Romagna. Molti autori, a cavallo tra ‘800 e ‘900, seguendo la classificazione del Sanson, definivano questo ceppo come “asiatico”, definendolo addirittura come una sottospecie (Bos taurus asiaticus) e chiamando questi animali “Grande razza grigia delle steppe”; altri lo definivano invece come “ungherese” (Faelli, 1903). Secondo Duerst sarebbe il Bos taurus macroceros, secondo Keller l’uro europeo o bos primigenius.
Una variante della teoria dell’arrivo in Italia con le invasioni barbariche è quella del professore ungherese Zoltán Csukás, citato da Honsch (1971), secondo la quale sarebbe stato introdotto bestiame podolico dall’Ungheria, in occasione delle campagne del re ungherese Lodovico il Grande contro Giovanna di Napoli nel 1347 e 1350 e poi con i movimenti commerciali del XVI e XVII secolo.
Secondo Niccolini (1926) nel ferrarese i bovini podolici furono introdotti solo nel ‘500, dalla Puglia, sostituendo bovini a corna corte, come emerse da scavi archeologici nel centro di Ferrara.
Il Montaigne descrisse nel suo Viaggio in Italia, del 1580, l’incontro con grandissimi buoi grigi nella pianura a sud di Monselice, già visti in precedenza nelle proprietà dell’arciduca d’Austria, al quale erano stati però donati dal duca di Ferrara.
2) LA TEORIA MEDITERRANEA
La teoria, supportata da recenti scoperte dei genetisti, suggerisce che i bovini podolici erano già presenti nel bacino del Mediterraneo nel III millennio a.C., e sarebbero stati introdotti in Italia in età antica.
In effetti il vaso a testa di bovino risalente al II millennio a.C., rinvenuta nel palazzo di Cnosso, a Creta, conservato nel museo di Iraklion, a Creta, suffragherebbe tale ipotesi. Bettini (1962), oltre a citare la teoria dell’entrata in Italia al seguito dei Longobardi, cita anche la possibilità dell’introduzione fenicia o cartaginese.
Ciani e Matassino (2001) rilevano che i bovini macroceri sono documentati nel Mediterraneo a partire dal Neolitico, convivendo con il progenitore selvatico Bos primigenius.
3) LA TEORIA AUTOCTONA
Altri autori ritengono invece che i podolici sarebbero originari dell’Italia peninsulare, identificandoli con i bovini a corna lunghe raffigurati nelle pitture e nelle sculture etrusche; i Romani avrebbero poi diffuso gli animali in Italia e nelle zone da loro conquistate.
Borgioli (1959) cita, a fianco della teoria sull’introduzione barbarica, quella della continuità con il bue silvestre descritto da Plinio (il Bos primigenius) che esisteva allo stato selvatico nelle regioni boscose e meno accessibili.
Ammiano Marcellino dice che Traiano porta dalla Tracia e dalla Pannonia bovini per popolare l’agro romano.
Lo Hugues (1906) dice che la razza bovina podolica è stata addomesticata in Ungheria e nella Campagna romana, e per questo la chiama “podolica-romana”. Recenti ricerche basate sul confronto del patrimonio genetico delle varie razze hanno evidenziato che i bovini italiani delle razze Podolica e Maremmana, oltre ad essere imparentati tra di loro, sono più simili a quelli delle razze asiatiche che non ai bovini europei, il che potrebbe far pensare ad un arrivo in Italia di bestiame podolico in età pre-romana, con migrazioni via mare di popoli asiatici, poi stabilitisi in Italia.
Questa ipotesi confermerebbe l’origine asiatica degli Etruschi, ed è avvalorata dall’analisi del patrimonio genetico degli attuali abitanti delle zone etrusche della Toscana, che sarebbe anch’esso più simile a quello di popolazioni asiatiche che non a quello degli europei.
Alcuni autori hanno ipotizzato addirittura che i bovini podolici siano stati introdotti nei Balcani dai conquistatori romani, in particolare Adriano e Traiano. Bodo ritiene che i podolici ungheresi derivino da bovini selvatici addomesticati in epoche recenti.
LA CITAZIONE DI ANIMALI CHIAMATI URI NEL “DE BELLO GALLICO”
Il terzo genere è quello degli animali chiamati uri. Questi sono grandi poco meno degli elefanti, con l’aspetto, il colore e la struttura dei tori. Hanno grande forza e velocità e non hanno riguardo né per l’uomo né per gli altri animali selvatici, quando li incontrano.
I Germani li uccidono dopo averli presi con delle fosse che scavano a tale scopo; gli adolescenti si forgiano con questo lavoro e si esercitano a questo genere di caccia, e quelli che riescono ad ucciderne molti, portandone in pubblico le corna come prova, ricevono grandi lodi.
Non possono però abituarsi agli uomini ne’ essere addomesticati, nemmeno se catturati da piccoli. L’ampiezza, la forma e l’aspetto delle corna differiscono molto da quelle dei nostri bovini e sono molto ricercate: le rifiniscono in argento ai bordi e le usano come tazze nei banchetti più lussuosi.
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