IL TORO
Il toro è un animale che possiamo tranquillamente definire come il re della fattoria, simbolo di potenza e virilità. Non è un caso, infatti, che numerose culture abbiano venerato dei e semi dei dalle sembianze taurine, entrando a far parte della cultura dei popoli del bacino del Mediterraneo anche e soprattutto attraverso le tauromachie (voce composta dalle parole greche tauros, toro, e machia, battaglia), ossia i giochi realizzati con i tori.
Ad ogni modo, il toro è un bovino, tipologia animale addomesticata da secoli, fondamentale per l’uomo sia nel lavoro dei campi che come animale da carne. Ebbene, però, specificare che l’esemplare definito toro è colui che non è destinato al consumo alimentare umano, bensì alla sola riproduzione.
L’ETIMOLOGIA DEL TERMINE TORO
L’etimologia del termine toro, strano ma vero, si collega con quello della parola Italia. Infatti, secondo un’antica tesi, proprio la parola toro deriverebbe dal greco italós, una forma contratta e grecizzata dell’originale termine umbro uitlu, oppure dal latino uitellus, una forma con suffisso diminutivo che andava ad indicare il bovino maschio.
La tesi, per quanto non univoca, prede le parti dai Greci stessi che chiamavo l’Italia con il nome di Ouitoulía, ossia “terra dei tori” in quanto nelle zone che oggi sono comprese (orientativamente) fra le province di Catanzaro e di Reggio Calabria, risiedeva la popolazione dei Vituli, chiamati anche “Italòi” (ossia “abitanti della terra dei vitelli”), che adoravano un dio dalle sembianze taurine.
Normalmente, però si fa risalire l’etimologia della parola toro al termine latino taurus, che indica il “maschio robusto della vacca”.
LE INFORMAZIONI GENERALI
Generalmente, infatti, i bovini vengono chiamati in modi differenti a seconda dell’età e del sesso: un maschio dai quattro anni in su viene definito “bove o bue” oppure “toro”.
- Nel primo caso, si tratta di una animale destinato alla macellazione, quindi nutrito ed allevato solo ed esclusivamente in funzione di questa. Molto spesso, però, i maschi castrati grazie alla loro forza vengono impiegati anche nel lavoro dei campi, essendo normalmente più tranquilli e pacati proprio per via di questo intervento.
- Nel secondo caso, invece, l’animale è destinato alla riproduzione per via di caratteristiche fisiche particolarmente ideali da trasmettere di generazione in generazione, sia attraverso la monta “naturale” che attraverso quella artificiale.
Sinonimo di forza e virilità, il toro è spesso rappresentato nell’iconografia araldica con la coda alzata, simbologia fallica di forte evidenza, che lo distingue del bue, normalmente raffigurato con la coda rivolta verso il basso.
LE CARATTERISTICHE FISICHE
Come tutti bovini, il toro è un ruminante che viene alimentato sia con foraggi (freschi, secchi, insilati) che con mangimi (farine, panelli, expeller).
Caratteristica di tutti i bovini è quella di avere tre prestomaci e uno stomaco ghiandolare, ognuno dei quali si occupa di una parte specifica della digestione degli alimenti, il che rende il processo di nutrizione molto lento, e da qui si spiega il perché i toro, così come il resto dei buoi e delle mucche, masticano in continuazione.
I tre prestomaci sono di origine esofagea e vengono chiamati reticolo, rumine o omaso, mentre lo stomaco principale viene definito come abomaso.
La dentatura dei tori è composta da trentadue denti, mancando sia gli incisivi superiori che i canini: infatti è l’osso incisivo del cranio a presentare una specie di cresta ossea rivestita di tessuto mucoso che funge da “cuscinetto dentale”.
Ma di certo quello che più fa timore nel toro è la sua mole massiccia e le sue corna fortissime, capaci di sollevare anche soggetti più grandi e grossi di sé stesso.
Infatti, per quanto anche buoi e mucche abbiano le corna, solitamente i tori hanno carattere più scontroso e aggressivo, soprattutto a causa degli ormoni, cosa che, insieme con la stazza, incute una certa paura.
Inoltre esistono tori dalle dimensioni eccezionali, che possono tranquillamente arrivare all’altezza di 185 centimetri al garrese, con un peso anche superiore ai 1700 chilogrammi: esempi del genere li troviamo nei tori di razza Chianina e di Bionda d’Aquitania, dove gli esemplari sono dei veri e propri colossi, considerando anche che, generalmente, un toro normale ha un peso compreso fra i 1200 e i 1300 chilogrammi.
Per quanto riguarda il manto, troviamo tori dalla colorazione molto differente, anche se nell’immaginario collettivo questo animale resta esclusivamente di colore nero.
LA MONTA
Per un allevatore, la monta fra tori e vacche è un momento molto importante, in quanto è proprio attraverso questa che ci si garantisce il miglioramento e l’arricchimento delle proprie mandrie.
Ci sono alcuni allevatori specializzati esclusivamente nella selezione dei tori da monta, selezione che viene operata in modo scrupoloso e mirato, al fine di creare esemplari competitivi sul mercato per gli incroci, che abbiano stazza, robustezza e caratteristiche fisiche praticamente perfette, o quanto meno le migliori possibili per quella determinata specie. Non è un caso, infatti, che proprio la monta si trovi al centro di una vera e propria economia del settore, in quanto il seme di tori particolarmente validi (i cosiddetti miglioratori) può costare anche svariate centinaia di euro per una sola monta (ma di solito solo contemplati almeno un tot specifico di tentatavi), sia essa naturale o artificiale.
La monta va, come già accennato, a migliorare le caratteristiche fisiche e genetiche della vacca con la quale si accoppia.
Negli ultimi anni, oltre alla monta naturale ed artificiale, si è assistito anche ad un altro fenomeno, ossia a quello della fecondazione in laboratorio: questa tecnica prevede la fecondazione in vitro degli ovociti presi da bovine di interessante patrimonio genetico e il successivo trapianto degli embrioni ottenuti.
In questo modo la fecondazione avviene in maniera asettica, senza il problema di dover far accoppiare gli animali secondo la monta naturale, non sempre fattibile in quanto bisogna sottostare a procedure quasi rituali per impedire che il toro venga disturbato o inibito durante l’accoppiamento programmato.
LA MONTA NATURALE E IN MANIERA INDOTTA
La monta può quindi avvenire sia in modo naturale che in maniera indotta.
La monta in modo naturale, che ormai è sempre più in disuso, il toro viene fatto accoppiare con la vacca durante il periodo di riferimento naturale, ossia quando normalmente in natura questi animali si sarebbero accoppiati senza induzione. Naturalmente, la forzatura alla monta e altri fattori, possono spingere il toro ad inibirsi e quindi a non riuscire a montare la mucca, il che rappresenta una perdita economica sia per l’allevatore, che vede il proprio toro “perdere valore”, sia per il fattore, che rischia di spendere soldi per una monta non andata a buon fine. Proprio per ovviare a questi inconvenienti, la monta artificiale è sempre più preferita rispetto a quella tradizionale.
LA MONTA ARTIFICIALE DEL TORO
Sul frangente della monta artificiale del toro, esistono due tipi di soluzione che permettono di raccogliere lo sperma dell’animale per poi provvedere all’inseminazione della vacca.
- Il primo metodo è quello della vagina artificiale: in pratica il toro compie una monta su di un manichino di mucca con vagina artificiale, realizzata e lubrificata come se fosse una vera e propria vagina bovina, con in più la perfetta ricreazione di pressione presente all’interno del condotto pubico. Tutto lo sperma del toro viene raccolto in un piccolo silos di vetro tarato. Questo procedimento permette di raccogliere il seme dell’animale senza incorrere in troppe contaminazioni, anche se spesso occorre che sia presente durante la monta un tecnico incaricato, soprattutto quando non vi è l’intero manchino della mucca ma solo la vagina artificiale.
- Il secondo metodo è quello dell’elettro – eiaculazione, una tecnica decisamente più invasiva, ma che generalmente viene adottata per esemplari che hanno subito lesioni particolari oppure sono in età avanzata. Questa pratica prevede la stimolazione dell’eiaculazione dell’animale, attraverso l’inserimento nel retto di uno specifico elettrodo bipolare dal quale poi vengono fatte partire più scosse chiamate “eccitazioni”, che spingono l’animale alla fuoriuscita dello sperma. Quest’ultimo viene poi raccolto sia allo stato puro, che all’interno di un diluitore caldo (seme contaminato.
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