LA STORIA DEL CAVALLO
I cavalli sono definiti per tradizione come ungulati che possiedono un numero pari di dita e la cui zampa è retta ugualmente del terzo e quarto dito contrariamente ai perissodattili, che possiedono un numero dispari di dita e il cui peso è supportato essenzialmente dal terzo dito.
I CAVALLI PRIMITIVI
- L’Eohippus o cavallo primitivo viveva nelle foreste paludose ma lussureggianti dell’America settentrionale e successivamente, attraverso il passaggio dello stretto di Bering, in Europa, Asia e Africa. Era molto dissimile dai suoi pronipoti odierni, aveva denti aguzzi, dorso arcuato e arti posteriori più lunghi degli anteriori.
- Parallelamente al graduale sviluppo vegetativo si verifica una progressiva evoluzione dell’Eohippus, fino alle più recenti forme di cavallo primitivo, il Pliohippus (da sette a due milioni di anni fa).
- Procedendo di un gradino sulla scala evolutiva si arriva al genere Equus attuale, cui si fanno risalire quattro tipi di Equus selvatici: il Pony Primevo, il Cavallo della Steppa simile all’attuale Equus Przewalskii, il Cavallo della Tundra e il Protoarabo. Circa 11000 anni fa il cavallo scomparve dall’America.
LE ORIGINI E LE SUDDIVISIONI DELLE ODIERNE RAZZE
Alcuni studiosi sostengono che tutte le odierne razze domestiche discendano dall’unico cavallo selvatico esistente oggi (‘Equus Przewalskii), ma per la grande varietà delle razze, si propende per la più recente tesi dell’origine multipla a partire dagli individui presenti in Europa e Asia.
Ad avvalorare questa supposizione é l’ipotesi della suddivisione delle moderne specie equine in tre grandi gruppi che rispecchierebbero i quattro generi originari di cavalli selvatici:
- Il primo gruppo é quello dei pony che raggruppa tutti i cavalli di taglia ridotta.
- Il secondo gruppo, discendente del cavallo della tundra, é quello dei cavalli da lavoro.
- Il terzo é quello più numeroso, comprendente le razze da sport, da svago e da passeggio. I loro progenitori sono il cavallo arabo e il cavallo della steppa, sebbene quest’ultimo in minima parte.
IL CAVALLO DI PRZEWALSKI
Il cavallo di Przewalski anche noto come Pony della Mongolia (Equus ferus przewalskii o E. przewalskii) è il parente più prossimo, tra quelli attualmente esistenti,del cavallo domestico.
Nel 1881, Poliakov concluse che si trattasse di una specie a séstante, tant’è che le diede il nome di Equus przewalskii. Tuttavia, più recentemente, si èpreferito rivederne il nome scientifico, adottando così il più completo Equus ferus przewalskii perché, nonostante la differenza di cromosomi (64 per il cavallodomestico e 66 per il Przewalski) sono i due unici equidi a potersi incrociare dandoalla luce ibridi fertili.
LA DOMESTICAZIONE E LA STORIA DEL CAVALLO
Inizialmente il cavallo era preda ambita per i cacciatori del neolitico. La sua domesticazione può essere collocata intorno al 3000 a.C. nell’Asia centrale.
La prima utilizzazione avvenne come cavalcatura, e ciò permise lo sviluppo di società di allevatori nomadi: la mancanza di staffe e la sella rudimentale (per lo più una pelle di pecora) richiedeva però molta abilità da parte del cavaliere.
Nella Mesopotamia e in Siria il cavallo fu utilizzato come cavalcatura a partire dal XIII secolo a.C., ma già dal IX la cavalleria, assira prima e persiana poi, svolse una funzione militare primaria.
Nel frattempo si era trovata una tecnica per aggiogare il cavallo al carro. Questo divenne mezzo di trasporto individuale veloce e segno di distinzione sociale nel corso dell’antichità classica, quando il cavallo fu raramente utilizzato come forza motrice in agricoltura. Oggetto di continua e intensa selezione, l’animale fu elemento determinante nell’espansione della civiltà araba, mongola e feudale europea, quando i movimenti di popolazione, la rapidità e imprevedibilità dei movimenti di truppe ne esaltarono la funzione, stabilendo una vera simbiosi uomo/animale.
L’USO DEL CAVALLO FRA IL IX E L’XI SECOLO D. C.
Fra il IX e l’XI secolo d.C. vennero messe a punto soluzioni tecnologiche che ampliarono profondamente le possibilità d’uso del cavallo. L’applicazione anche al cavallo del collare rigido permise di trasformare lo sforzo dell’avanzamento in potenza di traino. Lo sviluppo di questa tecnica portò, molto lentamente, all’impiego del cavallo anche nell’agricoltura.
Sempre intorno al IX secolo risale l’introduzione dei ferri documentata in Siberia, nella zona del fiume Jenisey; in Europa il loro uso si diffuse dal XIII secolo, quando il cavallo sostituì i bovini nel lavoro pesante nelle campagne e nell’attività di diboscamento e messa a coltura di nuovi terreni. L’introduzione della staffa perfezionò la simbiosi fra cavallo e cavaliere, trasformandoli in vera macchina da guerra.
L’INTRODUZIONE DEL CAVALLO NEL CONTINENTE AMERICANO
Assente nel continente americano dal quaternario, il cavallo vi fu reintrodotto dagli spagnoli ambientandosi rapidamente sull’altopiano messicano e successivamente nelle pianure nordamericane, dove fu utilizzato dalle tribù nomadi di cacciatori di bisonti, che così mutarono sensibilmente i propri sistemi di caccia e di vita.
L’utilizzazione delle razze di cavalli da tiro e da lavoro nell’agricoltura europea e nordamericana proseguì fino alla meccanizzazione. Parallelamente la cavalleria mantenne un ruolo di primaria importanza all’interno degli eserciti fino a tutto il XIX secolo. Nel corso del Novecento l’impiego del cavallo si restrinse all’ambito sportivo e del tempo libero.
L’ETNOLOGIA DEL CAVALLO
L’etnologia del cavallo riguarda:
- L’origine e la diffusione: Origine etnica, provenienza geografica, diffusione territoriale, consistenza numerica, eventuale suddivisione in ceppi e/o linee.
- Lo standard di razza: È la descrizione più o meno accurata delle caratteristiche fisiche, e talvolta anche comportamentali, del rappresentante “ideale” di una determinata razza animale.
Nello Standard viene descritto l’animale nel suo aspetto generale e nei dettagli delle singole regioni. Vengono elencate le possibili varianti (ad esempio i vari colori del mantello), le tolleranze ammesse (ad esempio altezze al garrese minima e massima), vengono elencati gli eventuali punti di particolare pregio, da ricercare nei soggetti che andrebbero valorizzati per la selezione riproduttiva, e individuati i difetti inammissibili, che portano (o dovrebbero portare) all’esclusione dalla riproduzione.
- Le caratteristiche produttive: (per animali produttori di derrate) produzione di latte, nelle razze da latte: quantità per lattazione, contenuto lipidico e proteico, cellule somatiche, resa alla caseificazione; produzione di carne nelle razze da carne: ritmo di accrescimento, resa alla macellazione, qualità della carcassa e della carne.
- Le prestazioni (per animali atleti o da lavoro).
- Le caratteristiche riproduttive: precocità sessuale e longevità riproduttiva; indici riproduttivi, prolificità, fertilità: fecondità; sopravvivenza.
- Il miglioramento genetico: Obiettivi di selezione, organizzazione del sistema degli allevatori, eventuali controlli funzionali.
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