LA SUDDIVISIONE DEGLI ARTIODATTILI (Prima Parte)
L’ordine degli Artiodattili (dal greco artios pari e dactylos dito) appartiene ai mammiferi euteri.
La definizione tradizionale li presenta come ungulati che possiedono un numero pari di dita e la cui zampa è retta ugualmente dal terzo e quarto dito contrariamente ai perissodattili, che possiedono un numero dispari di dita e il cui peso è supportato essenzialmente dal terzo dito.
I più antichi fossili conosciuti di artiodattili datano da 50 a 60 milioni di anni inizio dell’Eocene. Nel tardo Eocene i tre sottordini moderni si erano già differenziati (attorno a 45 milioni di anni fa). Quest’ordine è diffuso in tutto il mondo, tranne che in Australia e in Nuova Zelanda, fatte salve le recenti importazioni di animali domestici. Comprende circa 300 specie, i due terzi delle quali di ruminanti.
Caratteristiche comuni a molte specie di Artiodattili (ma non a tutte) sono l’alimentazione erbivora e di conseguenza di molari ben sviluppati, la presenza di corna e di zoccoli.
LA SUDDIVISIONE DEGLI ARTIODATTILI
Gli Artiodattili sono divisi invece in 10 famiglie: Suidi, Taiassuidi, Ippopotamidi, Camelidi, Cervidi, Moschidi, Tragulidi, Antilocapridi, Giraffidi, Bovidi.
1) LA FAMIGLIA DEI SUIDI
La famiglia dei Suidi, comprende specie simili al maiale domestico, il quale non è altro che la forma addomesticata del cinghiale (Sus scrofa), animale che ha un areale molto vasto che va dall’Europa Occidentale all’estremo Oriente. I suidi hanno un corpo generalmente tozzo, con zampe corte, coda dotata di ciuffo e sono caratterizzati da una dieta onnivora, che comprende vegetali, ortaggi, frutti, funghi, insetti, piccoli rettili, uccelli e mammiferi. Questi animali ricercano cibo a terra, sfruttando il muso dotato di grande mobilità e l’ottimo olfatto: i maiali infatti vengono usati per la ricerca dei pregiati tartufi. L’azione che compie il maiale nella ricerca rumorosa del cibo viene chiamata grufolare.
Specie che vivono in Africa, come l’ilocero gigante (Hylochoerus meinertzhageni) e il facocero (Phacochoerus africanus), hanno canini superiori sporgenti come zanne, incurvate verso l’alto, che hanno lo scopo di difesa nei confronti dei predatori, e di attacco durante le lotte fra maschi: anche l’asiatico babirussa (Babyrousa babyrussa) ha questa caratteristica.
2) LA FAMIGLIA DEI TAIASSUIDI
I Taiassuidi, invece, famiglia in passato considerata all’interno dei suidi, possiedono canini che crescono diritti e rivolti verso il basso, nonostante una evidente somiglianza fisica con i cinghiali: essi comprendono le specie di pecari, che abitano le Americhe.
3) LA FAMIGLIA DEGLI IPPOPOTAMIDI
Altri animali che utilizzano i denti come difesa sono le due specie appartenenti alla famiglia degli Ippopotamidi, ovvero l’ippopotamo pigmeo (Hexaprotodon liberiensis) e l’ippopotamo (Hippopotamus amphibius): il primo è molto raro e ha un areale ridotto ad alcune zone dell’Africa Occidentale, il secondo ha dimensioni cinque volte superiori ed è comune in Africa. Come suggerisce il nome scientifico, l’ippopotamo è un animale anfibio, in quanto, come gli anfibi, che però costituiscono una ben diversa classe di vertebrati, è in grado di vivere sia sulla terraferma sia in acqua: in entrambi gli ambienti, nonostante l’elevata stazza e le zampe relativamente piccole, è dotato di grande agilità.
L’ippopotamo è adattato ben alla vita acquatica: ha dita palmate e orecchie, occhi e narici posizionati in alto sul cranio, in modo da permettere all’animale di stare a lungo in acqua, controllando l’ambiente circostante (in modo simile al coccodrillo, che è un rettile).
L’ippopotamo necessita spesso del contatto con l’acqua, perché la sua pelle si secca facilmente sotto il cocente sole africano. Esso ha un temperamento abbastanza burrascoso, e talvolta carica senza essere provocato, ed è assai pericoloso per le sue grandi zanne, che utilizza anche per le lotte fra maschi.
Le analisi del DNA hanno evidenziato come l’ippopotamo abbia un antenato comune con i cetacei, con i quali sembrerebbe quindi essere imparentato in maniera maggiore rispetto agli altri artiodattili. Le famiglie Suidi, Taiassuidi e Ippopotamidi formano il sottordine dei Suiformi.
I Suiformi: a sinistra il facocero (Phacochoerus africanus), al centro il pecari dal collare (Pecari tajacu), e a destra i grandi denti dell’ippopotamo (Hippopotamus amphibius).
4) LA FAMIGLIA DEI CAMELIDI
Animali adattati a climi particolari sia dal punto di vista della temperatura sia della natura del terreno sono gli appartenenti alla famiglia dei Camelidi. Specie come la vigogna (Vicugna vicugna) e il guanaco (Lama guanicoe) sono in grado di sopravvivere alle altitudini degli altipiani della Cordigliera delle Ande, a una temperatura media intorno ai 10°C. Ciò è possibile grazie a una pelliccia particolare, dalla quale si può ottenere una fibra dalle proprietà simili a quelle del cashmere (che deriva da una capra), talmente pregiata da essere usata in passato per le vesti degli imperatori Incas. La vigogna è addirittura presente anche sullo stemma nazionale del Perù.
Dalla domesticazione della vigogna e del guanaco derivano l’alpaca (Vicugna pacos) e il lama (Lama glama), famoso per “sputare” saliva e resti di cibo contro chi lo minaccia o lo disturba. Questi animali hanno un lungo collo ricurvo, che li accomuna ai camelidi del Vecchio Mondo, ovvero il dromedario (Camelus dromedarius), che vive nel Nord Africa e in Medio Oriente, e il cammello della Battriana (Camelus bactrianus), originario delle steppe della Mongolia. Quest’ultimo vive ancora allo stato brado, al contrario del dromedario, estinto allo stato selvatico, ed è caratterizzato da un lungo pelo, che gli permette di sopravvivere in un grande intervallo di temperatura, che va dai -29°C ai 38°C.
Il dromedario ha una sola gobba, mentre il cammello ne ha due: in entrambi i casi, la gobba contiene una riserva di grassi (e non di acqua, come molti credono), che permette loro di sopravvivere in mancanza di cibo. Un dromedario può restare senza bere anche per 6 mesi: una volta trovata una riserva d’acqua, come un’oasi, il dromedario è poi in grado di bere decine di litri d’acqua in pochi minuti. Oltre a ciò il dromedario è in grado di camminare sulla sabbia senza sprofondare grazie a speciali cuscinetti posti al di sotto delle sue zampe, e di proteggersi dalle tempeste di sabbia grazie a bocca e narici che si chiudono quasi ermeticamente: per questi motivi il dromedario viene usato ancora oggi come mezzo di trasporto nel deserto, talmente prezioso da essere usato in alcune comunità come moneta di scambio.
I Camelidi: a sinistra il guanaco (Lama guanicoe), al centro una foto storica del 1866 raffigurante un dromedario (Camelus dromedarius) facente parte dell’artiglieria egiziana, e a destra il cammello della Battriana (Camelus bactrianus).
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