GLI ABITANTI DELLE GROTTE
L’ambiente cavernicolo è un ambiente povero di cibo. La parola d’ordine sottoterra è il risparmio energetico, per cui gli organismi meglio adattati sono quelli che hanno bisogno di poca energia per vivere e per riprodursi. Per questo, la maggior parte degli abitanti delle grotte ha un metabolismo molto rallentato: una crescita lenta, ridotte dimensioni, un lungo ciclo vitale, sono lenti e si muovono poco, raggiungono la maturazione sessuale molto lentamente e spesso mantengono i caratteri tipici delle forme giovanili, si riproducono poco, si accontentano di quantità di cibo molto ridotte e spesso hanno un basso consumo di ossigeno.
I RITMI VITALI
Mancando l’alternanza notte-giorno, i ritmi vitali non sono ovviamente basati sul normale ritmo di 24 ore a cui sono sottoposti tutti gli organismi che vivono alla luce del sole. A causa delle scarse risorse alimentari, che dipendono dai batteri autotrofi e dagli scarsi e sporadici apporti dall’esterno, l’ambiente ipogeo può ospitare soltanto un ridotto numero di specie rappresentate pochi individui: le grotte sono allora un luogo poco affollato e con pochi predatori, un ambiente quindi protetto e tranquillo.
LA PIRAMIDE ALIMENTARE
Data la mancanza di vegetali, nell’ambiente ipogeo delle grotte la piramide alimentare è strutturata in modo differente: la base dell’alimentazione è rappresentata da batteri autotrofi, cioè organismi che riescono a produrre sostanza organica non dalla luce, ma direttamente dalle sostanze minerali, come nitrobatteri (che utilizzano l’azoto), solfobatteri (che utilizzanolo zolfo) e molti altri.
Esiste poi una fauna batteriofaga, che vive nel fango e che si nutre dei batteri. I batteriofagi sono a loro volta predati dalla fauna limivora (lombrichi, crostacei, larve di insetti), che si nutre “setacciando” il fango e che a sua volta diviene preda di chilopodi (centopiedi), aracnidi (ragni e opilionidi), e insetti che in grotta sono al vertice della piramide alimentare.
I GRANDI CARNIVORI IN MINIATURA
L’equivalente dei “grandi carnivori” è rappresentato dai chilopodi e dai coleotteri, che, nonostante le loro ridotte dimensioni, svolgono il medesimo ruolo ecologico di leoni e tigri negli ambienti di superficie. I coleotteri sono, tra gli animali di grotta, quelli che mostrano i più stupefacenti adattamenti: sono predatori efficienti e terribili, dotati di un olfatto finissimo, in grado di localizzare con precisione le loro prede e di spostarsi su lunghe distanze alla ricerca di cibo.
L’apparato boccale e masticatore, particolarmente evoluto, non lascia scampo alle prede e ne fa delle vere e proprie “piccole tigri” del mondo degli insetti.
Altri cacciatori molto efficienti sono i chilopodi e i crostacei, come i gamberi. I pesci sono organismi troglobi che raggiungono le maggiori dimensioni (qualche decina di centimetro), segno della loro posizione al vertice della catena alimentare nel mondo sotterraneo sommerso.
PICCOLI DIAVOLI DA PROTEGGERE
L’animale simbolo delle grotte è sicuramente il pipistrello. In molte grotte in aree tropicali i pipistrelli formano colonie di migliaia, a volte milioni di individui. Lo spettacolo offerto da questi animali è uno dei più affascinanti della natura: al tramonto si muovono nel cielo, disegnando un “serpente” nero, per andare a caccia di insetti.
Questo animale possiede caratteristiche del tutto particolari: è l’unico mammifero in grado di volare, con ali e muscolatura adatta a differenza di altri mammiferi “volanti”, come certe specie di scoiattoli, dotati solo di membrane di pelle. Ma la sua caratteristica più particolare è sicuramente il sistema di ecolocazione: nessun altro animale ha un “radar” altrettanto preciso e sofisticato, tanto che gli permette di spingersi nelle zone più lontane dagli ingressi e di cacciare prede anche molto piccole come gli insetti. Per gli speleologi impegnati in passaggi piccoli e angusti è abbastanza comune sentirsi sfiorare il viso dalla corrente d’aria leggera e “sfarfallante” creata dal battito delle ali del pipistrello che passa a pochi centimetri dalle pareti e dallo speleologo, senza sfiorare nè una nè l’altro!
IL SISTEMA UDITIVO DEL PIPISTRELLO
Il suo sofisticato sistema uditivo lo ha dotato di enormi orecchi (al contrario degli occhi, che sono piccoli e poco sviluppati anche se il pipistrello non è del tutto cieco) e il suo naso ha spesso un aspetto curioso, essendo modificato per poter emettere gli ultrasuoni necessari a orientarsi. Questo gli conferisce un aspetto non proprio gradevole, che, unitamente alle ali membranose e alla colorazione spesso scura, gli danno un aspetto di “piccolo diavolo”. Infatti sono state alimentate ingiuste e sciocche credenze, che spesso dipingono il pipistrello come un animale pericoloso e maligno, fonte di infondato timore, che in passato (e purtroppo ancora oggi) ha portato a vere e proprie persecuzioni nei suoi confronti.
LE VARIE CREDENZE SUI PIPISTRELLI
Moltissime persone sono a tutt’oggi convinte che i pipistrelli si impiglino ai capelli, possibilità in realtà assai remota, vista la precisione del volo del “piccolo diavolo” e vista la sensibilità del suo apparato uditivo, che, sollecitato dai nostri strepiti di spavento, lo farà sicuramente fuggire rapidamente, ben più spaventato di noi!
Anche la credenza che i pipistrelli succhino il sangue è ingiustificata: esiste una sola specie di pipistrello “vampiro”, del genere Desmodus, che vive in Sudamerica, che pratica un morso indolore perché la sua saliva contiene un anticoagulante e una sorta di anestetico alla sua vittima. Si tratta, contrariamente a ciò che si crede, di un esserino lungo pochi centimetri, in grado di suggere una quantità assai modesta di sangue (non certo capace di dissanguare una persona!) e che attacca in genere quadrupedi, che non possiedono mani in grado di scacciarlo.
Il pipistrello “vampiro” ha un comportamento sociale che fa facilmente perdonare queste sue abitudini alimentari: non potendo resistere senza cibo per più di poche ore, è sua abitudine aiutare i piccoli e gli esemplari feriti o ammalati che non possono procurarsi il nutrimento da soli, rigurgitando cibo nella loro bocca.
L’UTILITÀ DEI PIPISTRELLI
Al di là delle leggende e della tradizione popolare, i pipistrelli in realtà sono animali utilissimi: sono infatti formidabili cacciatori di insetti, che divorano ogni notte a tonnellate. Se adeguatamente protetti, sono quindi efficientissimi “insetticidi naturali“, che non costano nulla, non inquinano e rallegrano le nostre sere estive con il loro volo ondeggiante. Il loro guano costituisce inoltre un ottimo e pregiato fertilizzante. Purtroppo, è un animale sempre più raro nei Paesi industrializzati a causa del massiccio uso di pesticidi, che, avvelenando le sue prede abituali, finisce per avvelenare anche il nostro piccolo amico.
LE STORIE DI DRAGHI
L’animale che più spesso la fantasia dell’uomo ha collocato nelle grotte, di solito a guardia di immensi tesori o di principesse rapite, è il drago. Ma si tratta davvero soltanto di leggende? Molto spesso le leggende non sono altro che esagerazioni della realtà e la leggenda dei draghi non fa eccezione. I draghi sono quasi sempre dotati di ali, guarda caso simili a quelle dei pipistrelli.
Molti ritrovamenti paleontologici (come quelli dei grandi dinosauri) hanno sicuramente contribuito a far nascere le leggende sui draghi e il fatto che all’interno delle grotte si siano spesso ritrovate ossa di grandi dimensioni (come, per esempio, quelle dell’orso delle caverne, il grande Ursus spelaeus) ha sicuramente fatto sì che le grotte siano state viste come la dimora di questi essere fantastici.
Per esempio, nell’Italia del Sud, i ritrovamenti di fossili di elefanti, il cui cranio è dotato di un grande foro per le cavità nasali dove si innesta la proboscide, ha fatto nascere la leggenda dei ciclopi, mitici esseri giganteschi dotati di un solo grande occhio in mezzo alla fronte. Ma le leggende sui draghi ebbero una straordinaria conferma nel 1689.
In una sorgente nei pressi di una grotta del Carso, il naturalista Valvassor, uno dei primi studiosi di grotte, ritrovò un animaletto curioso: lungo e roseo, dotato di quattro zampette, una lunga coda e due strani ciuffi rossi ai lati del muso privo di occhi, questo animale sembrava proprio un piccolo drago in miniatura … sicuramente il cucciolo di qualche essere gigantesco e mostruoso, portato all’esterno dalle acque! Bisogna aspettare il 1768 per svelare il mistero: non si trattava di un cucciolo di drago, ma di un esemplare adulto di Proteus anguinus, uno dei più strani abitanti delle grotte.
IL PROTEO
Si tratta di un anfibio, lontano parente delle salamandre, che presenta uno dei più sorprendenti adattamenti alla vita nelle grotte. Vive nelle grotte dell’area mediterranea orientale, in Dalmazia, Slovenia e nel Carso triestino e goriziano. È lungo 20- 30 cm, di colore roseo e forma allungata, con una lunga coda e 4 piccole zampe (dotate di tre dita quelle anteriori e di due dita quelle posteriori), che non sono, però, in grado di sostenerlo, per cui il proteo non può camminare, ma solo nuotare. Alla nascita presenta occhi sviluppati, ma questi, crescendo, si atrofizzano completamente. La sua particolarità sono i due ciuffi rossi delle branchie ai lati del muso, che rimangono anche nell’individuo adulto. Il proteo non completa la sua metamorfosi e rimane alla stadio larvale, giovanile, per tutta la sua vita: si tratta, in pratica di un eterno bambino.
L’ADATTABILITÀ DEL PROTEO
Numerosi laboratori sotterranei di biospeleologia ne allevano esemplari a scopo di studio, ma la sua riproduzione in cattività è molto difficile. Nel 1832, il naturalista Alberto Parolini ne introdusse alcuni esemplari nelle grotte di Oliero, vicino a Vicenza, dove la specie era assente. Dei protei introdotti non si seppe più nulla e si pensò che non fossero sopravvissuti, ma nel 1965 alcuni speleosub nella sorgente del Cogol dei Veci fecero un incontro straordinario con diversi esemplari, che, evidentemente, si erano adattati e si erano riprodotti, e ora l’incontro con questi buffi animaletti è molto frequente per gli speleologi che si immergono nelle sorgenti di Oliero. Questo dimostra la grande adattabilità di questi animali e fa ben sperare di poterlo reintrodurre nelle zone in cui era originariamente presente, ma da cui è scomparso, spesso a causa dell’inquinamento delle acque.
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