L’ETOLOGIA: I COMPORTAMENTI APPRESI DEGLI ANIMALI
Ogni individuo eredita dai genitori gli istinti caratteristici della sua specie, e questi comportamenti innati di solito non cambiano nel corso della vita.
Ma al loro fianco ci sono i comportamenti appresi, che sono invece fortementeinfluenzati dalle esperienze chel’animale fa durante la vita.
Si tratta di solito di comportamenti più flessibili rispetto agli istinti: l’animale li impara e li adatta man mano che cresce, diventando così più adatto a sopravvivere nel suo ambiente.
L’APPRENDIMENTO PER ASSOCIAZIONE
All’inizio del Novecento il biologo russo Ivan Pavlov studiava il riflesso della salivazione, che si manifesta in risposta a uno stimolo come la vista o l’odore del cibo.
È quello che succede anche a te quando vedi il tuo dolce preferito o ne senti il profumo, e ti viene l’«acquolina in bocca». Ogni volta che portava il cibo ai suoi cani in laboratorio, Pavlov faceva suonare un campanello o accendeva una luce.
Scoprì così che dopo un po’ i cani potevano salivare «a comando»: bastava accendere la luce o far suonare il campanello, anche senza la presenza del cibo.
Questo tipo di meccanismo è chiamato apprendimento per associazione, perché l’animale ha imparato ad associare due stimoli del tutto diversi tra loro (il cibo e la luce o il suono) e risponde a entrambi con lo stesso comportamento (la salivazione).
In passato questo meccanismo ha aiutato l’uomo ad addomesticare alcune specie selvatiche, e anche oggi lo usiamo per addestrare gli animali domestici. Se per esempio vuoi insegnare a un cucciolo a comportarsi bene, gli darai un premio (un biscottino, qualche carezza e un «Bravo!») ogni volta che ritorna da te quando lo chiami, mentre lo punirai con un «No!» secco e con uno schiaffetto ogni volta che in casa morde sedie o ciabatte.
In poco tempo il cane imparerà a ripetere l’azione che è stata premiata, mentre eviterà di ripetere quella che gli ha procurato una punizione.
Ogni individuo dunque eredita dai genitori gli istinti caratteristici della sua specie, e questi comportamenti innati di solito non cambiano nel corso della vita.
Ma al loro fianco ci sono i comportamenti appresi, che sono invece fortementeinfluenzati dalle esperienze chel’animale fa durante la vita.
Si tratta di solito di comportamenti più flessibili rispetto agli istinti: l’animale li impara e li adatta man mano che cresce, diventando così più adatto a sopravvivere nel suo ambiente.
I COMPORTAMENTI APPRESI
La capacità di apprendere è diversa per le diverse specie, e spesso dipende dall’ambiente in cui esse vivono. Lo si può verificare confrontando specie tra loro simili.
Le coppie di gabbiano reale, per esempio, covano sul terreno le une vicino alle altre. I genitori imparano a riconoscere ciascuno dei propri piccoli: così, se questi lasciano il nido e si perdono nella colonia, li ritrovano rapidamente.
Gli adulti del gabbiano tridattilo(nella foto) invece non imparano a riconoscere i propri piccoli.
Questa specie nidifica su sporgenze di pareti rocciose, dove i piccoli non hanno alcuna possibilità di allontanarsi dal nido. Ai genitori perciò basta ricordare come è fatto il luogo in cui si trova il nido.
L’apprendimento per associazione è sfruttato anche per ammaestrare animali come delfini e foche.
L’APPRENDIMENTO PER ABITUDINE
Ogni animale fin dalla nascita ha comportamenti innati quasi automatici, che l’aiutano ad affrontare le situazioni pericolose.
Talvolta però nella vita questi istinti non servono, e possono anzi risultare svantaggiosi. L’animale allora può imparare a non usarli, grazie al cosiddetto apprendimento per abitudine.
Pensa per esempio a un contadino che mette uno spaventapasseri in mezzo ai campi coltivati, per tenere lontane le cornacchie (figura).
Egli sfrutta il fatto che di fronte a una figura umana il comportamento istintivo della cornacchia è la fuga.
Ma spesso l’inganno non funziona molto a lungo. Per caso, prima o poi, una cornacchia si avvicinerà allo spaventapasseri e si accorgerà che non succede nulla.
La cornacchia così capirà che quel personaggio non è pericoloso, e imparerà a non averne paura. Essa eviterà quindi di usare il comportamento innato, nei casi in cui lo stimolo che lo determina si rivela innocuo.
L’APPRENDIMENTO PER IMITAZIONE
A poco a poco anche le altre cornacchie della zona, vedendo la cornacchia temeraria che si posa tranquilla sulla testa di uno spaventapasseri, inizieranno a comportarsi nello stesso modo (figura): hanno imparato a farlo per imitazione.
Si ha questo tipo di apprendimento quando un animale impara un nuovo comportamento osservando un altro individuo, di solito della stessa specie.
In questo modo si trasmettono informazioni rapidamente, e si evita che ogni individuo debba fare da solo tutte le scoperte utili per la sopravvivenza.
Il merlo impara i suoi canti dai genitori.
I macachi che hanno imparato a lavare le patate in mare.
Questo meccanismo è alla base di molte forme di cultura nel mondo animale.
Per esempio i giovani di alcune specie di uccelli, come il merlo (figura) e il fringuello, imparano dai genitori i canti caratteristici della specie, e li tramandano così di generazione in generazione.
Un altro esempio: in un’isola del Giappone una giovane femmina di macaco ha scoperto che con l’acqua di mare si possono pulire le patate meglio e più in fretta che con le mani (figura).
Inoltre le patate sono più saporite, perché salate.
Questo comportamento si è diffuso in tutto il gruppo dei macachi (rapidamente tra i giovani e con più difficoltà tra gli anziani) ed è stato poi insegnato anche alle nuove generazioni.
L’APPRENDIMENTO PER TENTATIVI
Negli esempi che abbiamo visto, i comportamenti «nuovi» sono messi in atto da un solo individuo, e poi imitati dal resto del gruppo. Ma il primo individuo come ha fatto a imparare?
Ogni animale compie tutti i giorni molte azioni nell’ambiente in cui vive, cioè fa «tentativi» a volte casuali, a volte con uno scopo preciso: alcuni si riveleranno degli errori, ma altri avranno successo. In questo apprendimento per tentativi ed errori l’animale prova più volte una certa azione. Se non si arrende dopo i primi insuccessi, dopo un po’ impara un comportamento che gli permette di raggiungere un certo risultato.
In natura per esempio ci sono molti tipi di bruchi, alcuni colorati e particolarmente appariscenti; spesso però hanno un sapore repellente. Gli uccelli riescono a riconoscerli e a evitarli, ma soltanto dopo averli assaggiati almeno una volta.
In modo simile un animale può imparare una sequenza complessa di azioni, come il percorso da compiere in un labirinto per raggiungere il cibo oppure l’uscita.
Anche giocare è un modo di apprendere per tentativi: quando gioca, infatti, un animale inventa o prova movimenti che in futuro compirà in modo serio.
I piccoli dei felini per esempio giocano lanciandosi su qualsiasi oggetto in movimento: provano così i balzi con i quali più avanti nella vita afferreranno le prede.
Inoltre il gioco è indispensabile per socializzare: quando si gioca si provano diversi ruoli e si impara a riconoscere i partner, a comunicare con gli altri animali della stessa specie e a controllare la propria aggressività. Alcune specie usano segnali precisi per indicare l’inizio del gioco, così da evitare malintesi. I cani per esempio inarcano il corpo, abbassano la testa, scodinzolano e abbaiano.
L’APPRENDIMENTO CON IL RAGIONAMENTO
Uno scimpanzé vuole raggiungere alcune banane appese al soffitto della sua gabbia, ma il cibo è troppo in alto. Nella gabbia ci sono bastoni e cassette.
All’inizio lo scimpanzé prova a saltare o ad agitare un bastone, ma non riesce a raggiungere le banane.
Allora si mette a osservare attentamente gli oggetti. Poi accatasta le cassette, ci sale sopra con il bastone in mano e colpisce le banane facendole cadere a terra (figura ): finalmente può mangiarsele!
Lo scimpanzè ha osservato una situazione nuova, ha intuito come risolvere un problema e ha messo in atto una serie di azioni per ottenere il risultato desiderato.
Questo famoso esperimento dimostra che l’uomo non è l’unico animale capace di trovare con il ragionamento la soluzione di un problema. Certamente per apprendere in questo modo è utile poter disporre di un sistema nervoso sofisticato come quello dei primati.
Il ragionamento è anche alla base della costruzione degli utensili che hanno caratterizzato fin dalla preistoria le tecnologie umane.
Ma anche altri animali utilizzano oggetti come strumenti. Per esempio il capovaccaio, che è una specie di avvoltoio, rompe le uova di struzzo colpendole con ciottoli che afferra con il forte becco (figura ).
E il fringuello-picchio delle Galápagos, quando fruga i tronchi per estrarne larve di insetti, si aiuta con spine di cactus che tiene nel becco, dopo averle spezzate per dar loro la lunghezza adatta allo scopo.
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